Nel 1977 sono state lanciate due sonde spaziali (oddio, la prima sicuramente, ora non mi va di vedere la seconda quando è partita, credo mesi dopo) .

Avevano il compito di sorvolare, da vicino, Giove e Saturno.

Poi spegnersi, a metà degli anni 80 circa. E invece all’inizio del 2019 la voyager 2 è ancora “alive and kicking”. E ha raggiunto l’eliosfera, e ha incontrato per la prima volta un oggetto proveniente da un’altra galassia.

Le sonde hanno incontrato sulla propria strada inconvenienti, ma anche allineamenti fortunati. Sono state sviluppate da un team coi controcazzi. E ancora oggi, seppur con funzionalità ridotte, contribuiscono con dati alle ricerche scientifiche.

Fuori dalla nostra galassia, la materia ricomincia ad addensarsi. Lo abbiamo scoperto poco fa, grazie a loro.

La voyager 1 porta con sé un disco dorato. A testimone di remote civiltà. Ci sono voci di bambini, rappresentazioni degli atomi del carbonio, musica, animali, immagini. Molto probabilmente non lo vedrà mai nessuno.

Io sono nato 39 anni fa, alle 7.05. Lift-off. A 23 anni credevo che la mia vita sarebbe finita li (non pensavo che sarei morto, ma che avrei continuato a fare a vita quello che facevo in quel momento, dipendente, fidanzato, che suonava quando era adolescente).

Inaspettatamente, per una serie di congiunzioni astrali strane e irripetibili, ho avuto l’effetto “fionda gravitazionale”, e sono stato lanciato verso una vita nuova. Ho dovuto abbandonare per strada dei pezzi anche molto importanti della mia vita. Ma in un viaggio senza meta, che si spinge solo verso l’ignoto, non posso portare troppa zavorra. Solo qualche macchinario importante. Una ragazza, una partita iva, e un disco dorato per le generazioni future, metà maschietto e metà femminuccia.

La musica, inaspettatamente. Come il Voyager, ho scoperto che superato il limite, la materia ricomincia ad addensarsi. E alla soglia dei 40, posso dire di respirarla ancora forte, e non come un passatempo dei tempi che furono.

Merito dei miei progettisti, di quelli vintage di un tempo. Di quelli “che ora non ce ne sono più”.

Speriamo che il combustibile nucleare che possediamo all’interno (io e le due sonde), duri il più possibile. Ma già così, va bene.

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