Abbiamo poco tempo.

Siamo abituati a privarcene per cose serie, importantissime.

Il lavoro. Ok, dobbiamo vivere. Giustissimo. Le bollette sono bollette. E poi si sa, lavoriamo per essere liberi.

E non appena raggranelliamo qualcosa, cerchiamo di essere liberi. E corriamo per metterci in coda, per vedere quel film. E litighiamo perchè la ragazza del caso scende tardi di casa.

Oppure suoniamo in giro per l’italia. E ci facciamo uccidere dallo stress, dalle partenze, dai chilometri per pochi spiccioli, dallo stesso fatto che sono pochi spiccioli.

O peggio ancora partiamo, e passiamo metà del tempo a chiederci cosa abbiamo lasciato dietro, e l’altra metà a correre da un lato all’altro della città nella quale ci troviamo, in ricerca spasmodica di riempimento.

Ma non abbiamo capito nulla.

Diciamo che un giorno è fatto di 24 ore.

8 le usiamo per dormire (non prendiamoci per il culo, quelli che dichiarano di dormire 5 ore poi sono quelli che il pomeriggio sonnecchiano dalle 2 lle 4). Otto per lavorare. Due per pulizie, pipì, cacche varie. Siamo già a 18. Calcoliamo due ore per “spostamenti” di varia natura. Una per mangiare. Siamo a 21.

Le altre tre ore? Le dedichiamo a riempircele, a programmare quegli istanti liberi che proprio lo stress ci toglie.

Quale è il vostro obiettivo su questa terra? Per me è l’amore. L’amore di una donna, l’amore di un amico.

Ma per questa donna, questo amico, QUANTO tempo abbiamo? E intendo il tempo in auto a parlare, il tempo davanti ad un banale caffè, il tempo speso in due su un letto a sognare il futuro, il tempo speso a ridere delle cazzate che facevamo quando avevamo 15 anni con quel vecchio amico.

Di quelle tre ore, ve lo dico io cosa usiamo. Zero.

Perchè viviamo  una vita intera ad ammazzarci di impegni, e l’altra parte libera a crearne degli altri.

Ieri sera ho fatto poche cose. Si, lavoro per il Bari Calcio. Non era fondamentale andare allo stadio, ma ci sono andato lo stesso. Da solo, in auto, guidando a 50 all’ora. Avevo il pc con me. Ma non l’ho uscito dallo zaino. Ho visto la partita, distrattamente. Poi sono andato a prendere la mia ragazza, che cantava, lontano da Bari. Sempre lentamente. Una birra (in realtà tre, con conseguente ubriachezza), e giusto il tempo di tornare a casa e svenire. Niente sesso, niente coccole. Solo svenire.

Il mio momento preferito di ieri? Guidare piano, sulla ss16, stupendomi di quanto diavolo di acciaio serve per fare i guardrail. E fantasticare “ma se lo sciogliessimo tutto, quello di tutte le tangenziali e le autostrade, quanto ne avremmo”? Cose totalmente senza senso, ma che mi facevano sorridere.

Impariamo a guidare piano. A goderci il viaggio. A ricordarci che sognavamo, una volta, di avere quella persona accanto. Quando ci stavamo innamorando. Quando un minuto valeva un’ora. Ricordiamoci di quando eravamo piccoli, e quando cercavamo di tirare i 10 minuti in più il sabato sera con gli amici, perchè avevamo la ritirata (io no, ma è per rendere il concetto).

Proviamoci. E chiediamoci anche “sono contento VERAMENTE di andare al cinema o voglio riempirmi ore che altrimenti passerei in imbarazzato silenzio”?

Su questo blog è la seconda volta che pubblico Concato. Vabè, fa niente.

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